
L’Italia, anche nel calcio, non investe sui giovani: il caso calabrese
Mercoledì 31 Luglio 2019 16:14 di Redazione WebOggi.it
Per quel che riguarda investimenti e acquisti, per i giovani, in Italia, non è mai un tempo propizio. Secondo le ultime stime del CIES, l’osservatorio del mondo del calcio, l’Italia è tra i paesi che in Europa meno puntano sui giovani e di conseguenza all’arricchimento dei vivai. Si ha la tendenza, sempre più crescente, di acquistare, soprattutto dall’estero, o da categorie comunque inferiori, senza puntare né sul Made in Italy, né sui giovani dalle scuole calcio e dagli oratori. Come si faceva un tempo: pensate che Gaetano Scirea, amato ed indimenticato campione, aveva cominciato a dare i primi calci ad un pallone all’oratorio della sua parrocchia nel milanese. Quella parrocchia da dove poi sarebbe arrivato alla Juve, alla Coppa del Mondo e alla allora Coppa dei Campioni. Oggi non è più così. E se si scorre lo stivale, la situazione non fa che peggiore.
Ad esempio, in Calabria, quanto investono le squadre di calcio sui giovani? La tendenza, salvo rarissime eccezioni, è pari a tutto il resto d’Italia. Basti pensare al Cosenza, realtà da un anno tornata in cadetteria dopo più di un decennio di oblio nelle categorie minori: quindici componenti della Primavera dei Lupi, infatti, provengono da altre regioni. Parliamo dei tre quarti della squadra e di cosentini ce ne sono sempre meno. Ai giovani calabresi spesse volte non resta che prendere altre strade e trasferirsi in altre dimensioni, lontani da casa, per sviluppare il loro talento e perché no, arrivare poi forse in Serie A, un giorno, a coronare il sogno di una vita. La Juventus, che storicamente ha un rapporto molto stretto con la Calabria, è molto attiva a livello di settore giovanile, ed è un esempio alto. Il Bologna, il Sassuolo, il Parma si muovono nella stessa direzione della Vecchia Signora. Reggina, Crotone, Cosenza, Catanzaro e via dicendo, spesso, restano a guardare. Preferendo altro ai talenti locali. Investendo sì, ma senza dare un reale margine ai giovani calabresi costretti ad emigrare e ad impoverire una regione già percossa.
Un trend, questo, comune a tutta Italia, dicevamo, con picchi maggiori al Sud, chiaramente: lo stesso Napoli, sui talenti campani, ha spesso creduto molto poco lasciandoli alla mercé di altre realtà: un caso eclatante è quello di Armando Izzo, difensore tra i migliori in Serie A, oggi al Torino. Ma le formazioni mediamente più anziane d’Europa non sono del Sud, ma del Nord: Parma e Chievo. C’è poi chi sulla linea green costruisce le proprie fortune, anche finanziarie: la Fiorentina è una di queste realtà, il caso più importante è quello di Federico Chiesa, in questo senso. C’è poi chi fa scuola, come la Juve, che ringiovanisce invecchiando: Moise Kean è ad oggi il più noto prodotto dell’ultimo quinquennio di vivaio bianconero, ma prima di lui ci sono stati Giorgio Chiellini, Claudio Marchisio, ma anche i Mandragora e gli Audero. Un esempio virtuoso che andrebbe seguito. Se solo in Italia, finalmente, si decidesse di puntare sui giovani. E aprirsi, così, una porta su un futuro, meno vecchio che mai.