L'augurio di Buon Avvento dell'arcivescovo Bertolone: "Al primo posto la carità"

Domenica 29 Novembre 2020 22:28 di Redazione WebOggi.it

di mons. VINCENZO BERTOLONE*

Carissimi, Buon cammino di Avvento. Iniziamo con i primi vespri di questa domenica di Avvento un nuovo anno liturgico. L’Avvento si presenta come un tempo di attesa del compimento della salvezza: nell’attesa gioiosa della festa del Natale, siamo orientati verso il ritorno glorioso del Signore alla fine dei tempi. La seconda venuta di Cristo, tema ricorrente soprattutto nelle prime settimane di Avvento, è in stretto rapporto con la prima venuta: la certezza della venuta di Cristo nella carne ci rincuora nell’attesa dell’ultima venuta gloriosa. Questo tempo forte è storicamente caratterizzato dall’attuale pandemia, che stiamo ancora insieme affrontando, ma che diviene propizio -soprattutto in questo Avvento- per ricollocare al giusto posto il binomio inscindibile tra liturgia e vita. Se completamente dissociata dalla vita e dalla storia degli uomini, la liturgia rischierebbe di ridursi a “vuoto estetismo”, dimenticando che essa è “azione di Cristo sacerdote e del suo Corpo” (SC 7), incontro di Dio con l’uomo, teso a trasfigurare l’intera realtà: «Il nostro vivere quotidiano nel nostro corpo, nelle piccole cose, dovrebbe essere ispirato, profuso, immerso nella realtà divina, dovrebbe diventare azione insieme con Dio. Questo non vuol dire che dobbiamo sempre pensare a Dio, ma che dobbiamo essere realmente penetrati dalla realtà di Dio, così che tutta la nostra vita sia liturgia, sia adorazione» (BENEDETTO XVI, Lectio divina al Seminario Romano, 15 febbraio 2012).

Un tempo forte. L’Avvento, dunque, anche in questo nostro tempo di timori per la malattia, il contagio e la morte, può rivelarsi un momento ‘forte’, cioè di intensa e accurata preparazione per celebrare con fede vera, carità autentica, speranza sicura, la nascita del Nostro Salvatore e Redentore, il Figlio Unigenito del Padre, fattosi carne per noi e nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Un tempo, contraddistinto dalla sobrietà e vissuto nella conversione, in cui ognuno di noi, può “coltivare lo stupore” verso il mistero dell’Incarnazione e “sfidare la paura” di non saper essere adeguato fino in fondo all’amore con cui per primo è stato travolto dal Signore! Tutti, dunque, sia come singole persone che in quanto comunità, vogliamo vivere il Santo Avvento, compiendo un percorso comunitario di carità, solidarietà e riconciliazione, per riscoprire questo amore che, nonostante gli eventi drammatici potrebbero offuscarne la bellezza, si rivela essere comunque più forte della morte (cf. Ct 8,6). Cosa fare affinché questo tempo possa avere i tratti della carità, della solidarietà e della riconciliazione?

Al primo posto la carità. Possiamo celebrare l’Avvento del Signore aprendo nel nostro cuore ogni spazio per la carità, che è innanzi tutto apertura allo Spirito Santo: «Nella sua vita intima Dio “è amore”, amore essenziale, comune alle tre divine Persone: amore personale è lo Spirito Santo, come Spirito del Padre e del Figlio. Per questo, egli “scruta le profondità di Dio”, come amore-dono increato. Si può dire che nello Spirito Santo la vita intima del Dio uno e trino si fa tutta dono, scambio di reciproco amore tra le divine Persone, e che per lo Spirito Santo Dio “esiste” a modo di dono. È lo Spirito Santo l'espressione personale di un tale donarsi, di questo essere-amore. È Persona-amore. È Persona-dono» (Dominume et vivificantem, n. 10). La carità è, pertanto, la liturgia che adora e celebra la Trinità, per farla diventare liturgia della vita! Ora, la carità della vita è il frutto vero della liturgia celeste che il Padre nostro celebra nel cielo fin dall’eternità e che è stata assunta tutta da Cristo Gesù, come ci ricorda l’apostolo Giovanni: «Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (1Gv 4,7-11). Perché la nostra liturgia codificata in riti e preghiere (per ritus et preces), non rimanga un albero senza frutti, dobbiamo deciderci, ora e qui (Hic et nunc) a dare alla nostra carità, intesa come prassi di amore condiviso, un volto nuovo e autentico, ricollocando al giusto posto la dignità della persona umana e il bene comune. Si tratta di un programma di vita non troppo ideale, bensì molto concreto. Ognuno, secondo le proprie responsabilità, si metta all’opera! 4. Operare la carità! Penso in primo luogo, a chi è chiamato a gestire la cosa pubblica: il grido follemente disperato di tante persone che, complice questa pandemia, hanno perso il lavoro e la speranza, non ci può lasciare indifferenti! Il grido di una sanità giunta al collasso a causa di scelte non proprio orientate al bene comune, ma dettate dagli interessi di pochi, ci deve interrogare! Il nostro stesso esserci collettivamente assopiti e ormai abituati ad un sistema che certamente non va, bisogna che si lasci ridestare dalla Parola di Dio e dalla Fantasia dello Spirito! Può questo Avvento ridare spazio nei nostri cuori e nelle nostre comunità alla vera Carità?

La forma più immediata della carità è la solidarietà, per mezzo della quale si vede il bisogno, anche inespresso, dell’altro e si cerca di intervenire nel modo più efficace possibile. Essa «conferisce particolare risalto all'intrinseca socialità della persona umana, all'uguaglianza di tutti in dignità e diritti, al comune cammino degli uomini e dei popoli verso una sempre più convinta unità» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 192). Possiamo vivere un Avvento di carità, solidarietà e prossimità, mettendo a disposizione beni e risorse per soccorrere il fratello/la sorella che per noi discepoli del Signore è Cristo stesso, senza alcuna differenza, chiunque esso sia, come ho avuto modo di scrivere nel Messaggio per la scorsa IV Giornata Mondiale dei Poveri. 

L’amore riconcilia con Dio e con il prossimo. L’amore, infine, che ha i lineamenti della carità e della solidarietà, spinge ogni essere umano alla riconciliazione con Dio, con sé e con gli altri. Approfittiamo di questo Avvento per riconciliarci con il Signore, con noi stessi, e con gli altri. Questo ci farà percepire non più come singoli, ma come ‘comunità in cammino’. Spesso, infatti, le nostre comunità sono un insieme di singole persone, quasi come un’addizione di singoli: si è insieme da soli, insieme, ma ognuno senza gli altri, sovente anche contro gli altri; alcune volte ci si ignora e, quando, prima la liturgia ci invitava a scambiarci il segno liturgico della pace, alcuni facevano persino difficoltà a tender la mano al proprio vicino, segno di un cuore non ancora riconciliato, con Dio, con sé stessi, con gli altri. Ancora una volta il binomio liturgia-vita ci aiuti a comprendere che tutti, indistintamente, siamo bisognosi di riconciliazione. Una riconciliazione che deve partire da noi stessi: ci dobbiamo riconciliare con la verità, con la giustizia, con la carità, con l’amore sincero e puro. Senza una vera riconciliazione con la volontà di Dio, mai ci potrà essere riconciliazione con i fratelli e le sorelle, la quale è il segno evidente della nostra riconciliazione con Dio: «[…] la vera riconciliazione si raggiunge in maniera proattiva, “formando una nuova società basata sul servizio agli altri, più che sul desiderio di dominare; una società basata sul condividere con altri ciò che si possiede, più che sulla lotta egoistica di ciascuno per la maggior ricchezza possibile; una società in cui il valore di stare insieme come esseri umani è senz’altro più importante di qualsiasi gruppo minore, sia esso la famiglia, la nazione, l’etnia o la cultura”» (Fratelli tutti, n. 229).

In cammino con Maria di Nazaret.  Durante tutto l’Avvento saremo sostenuti da colei che è davvero la porta dell’Avvento. Lasciamoci volentieri accompagnare dal luminoso esempio di Maria Santissima Immacolata, Alma Redemptoris Mater, che resta per ogni essere umano esempio di vera e autentica carità. La invochiamo con questa preghiera che la Tradizione della Chiesa ci consegna, chiedendole aiuto ed intercessione perché questo popolo, oggi più che mai ‘debole e cadente’, trovi presto il coraggio di risollevarsi: «O santa Madre del Redentore, che rimani accessibile porta del cielo, e stella del mare, soccorri il popolo cadente, che vuole rialzarsi. Tu che hai generato, nello stupore della natura, il tuo santo Genitore, vergine prima e dopo, accogliendo quell'Ave dalla bocca di Gabriele, abbi pietà di noi peccatori». Amen.

*arcivescovo della Diocesi Catanzaro-Squillace 


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