Fabrizio Corona: i Calabresi come i siciliani da sempre vittime di stereotipi. Impariamo a reagire e non farci scalfire.

Domenica 27 Gennaio 2019 18:42 di Anna Trapasso

"Viva la libertà": lo acclamano così mentre scende dal suv nero i suoi fan, che oggi sono più che semplici "fan". Sono passati i tempi in cui fomentava le folle nelle discoteche: oggi Fabrizio Corona parla attraverso i suoi libri e ci racconta la sua prigionia, gli anni buii, la voglia di combattere e di tornare in gioco, ferito sì ma mai sconfitto dagli avvenimenti negativi della vita.

I suoi -veramente di ogni età- non sono "fan": sono lettori, sono sostenitori, sono seguaci di un pensiero che coincide, da sempre, con la volontà di non tacere davanti a nulla, davanti alla giustizia e all'ingiustizia, agli errori, alla vita. Eccessiva spettacolarizzazione? Secondo alcuni si. Io direi anche no. Fabrizio Corona è semplicemente da sempre il precursore di quella che oggi è diventata, grazie ai social, routine per tutti noi: dare in pasto a tutti la propria vita, fare marketing di se stessi, vendersi al mercato come prodotti commerciali. E lo sa fare anche molto bene.    

Lungi da me voler definire Fabrizio Corona un "santo" o un "eroe", lungi da me volerlo discolpare di ciò per cui la Giustizia ha già fatto il suo corso, ma la sua anima tormentata ha sempre avuto un perchè e racchiudere in un libro (edito da Mondadori) o in un brand di abbigliamento (Adalet) una storia da voler condividere io non ci vedo nulla di male, altrochè.

"Non mi avete fatto niente": è questo il titolo del libro scritto da Corona (un titolo che fa subito riecheggiare nelle nostre menti il brano di Ermal Meta e Fabrizio Moro vincitore dello scorso Sanremo), un testo che racchiude senza filtro tutte le vicende dei suoi ultimi e travagliati anni. 

Dalle arringhe ai tradimenti, dalle rapine subite alla malavita, dai mesi di carcere al circo mediatico, e ancora sequestri, denunce, regolamenti di conti, amori, ingiustizie: nel libro non manca nulla, anche il suo delicato rapporto con la famiglia ed il figlio Carlos Maria, che è presente nel libro con una commovente lettera aperta al papà.

"Ho trovato un modo per raccontare meglio me stesso, lo faccio attraverso i libri. -dice Fabrizio davanti alle nostre telecamere, in esclusiva- La mia è una vita piena, sempre di corsa, ricca di avvenimenti, positivi o negativi che siano: racchiuderli nei libri è per me il modo migliore per condividere un messaggio importante. Un invito a reagire, a non lasciarsi scalfire dagli avvenimenti, specie da quelli negativi. Ecco perchè "Non mi avete fatto niente".

"La Calabria, così come la Sicilia, la mia terra, è una terra che subisce inevitabilmente i pregiudizi. E così i Calabresi. Ecco allora che il mio invito si fa più forte. Sebbene un fondo di verità ci sia sempre, bisogna imparare a coltivare le opinioni proprie e indipendenti e contestualmente tirare fuori il meglio di  noi. Siamo vittime di stereotipi che possiamo combattere". 

"Grido giustizia anche attraverso le mie felpe e le mie t-shirt: "Adalet" significa infatti "Giustizia", è il nome di un movimento turco anni '60 ed è il mio modo per invocare giustizia e libertà". 

A chi gli chiede quanto sia se stesso e quanto personaggio, nel libro così come nella vita, Fabrizio sorride e risponde: è uguale. Non c'è distinzione, siamo tutti uomini e personaggi assieme nel grande circo infarcito di foto ed hashtag. Lui, uomo e personaggio indistintamente, con estrema pacatezza (a cui non siamo abituati) vuole darci una lezione. 

"Non accetto lezioni di vita da Fabrizio Corona" è la risposta dei più, io invece dal mio canto ho voglia di ascoltarla, per una mia personale attenzione alle storie degli "ultimi", delle anime tormentate: "Non lasciatevi ferire dagli avvenimenti della vita anzi, ricominciate da questi per rifiorire e non smettete mai di cercare e coltivare giustizia".  

Nel video, alcuni brevi stralci del nostro incontro con Fabrizio. 

 

 


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