Multopoli e Catanzaropoli, rinvii a giudizio. Avv. Raimondi: "Lo Giudice estranea ad accuse"

Lunedì 25 Settembre 2017 13:06 di Redazione WebOggi.it

In relazione al decreto che dispone il giudizio emesso dal G.U.P. presso il Tribunale Ordinario di Catanzaro, dott.ssa Giovanna Gioia, nei confronti dell’ex assessore comunale Stefania Lo giudice e di tutti gli altri numerosi imputati (uno solo escluso) nei processi cc.dd. “Catanzaropoli” e “Multopoli”, l’Avvocato Nunzio Raimondi, ha rilasciato la seguente dichiarazione.

“Sono abituato a non commentare i provvedimenti emessi dai giudici ma, in questa circostanza, tengo eccezionalemnte a precisare quanto segue: è mio convincimento che questo atto di impulso processuale – tale è il decreto dispositivo del giudizio e nient’altro, tampoco un’affermazione di responsabilità… - non doveva essere emesso nei riguardi della signora Stefania Lo Giudice. Per quel che conta confermo che dagli atti relativi ad entrambi i procedimenti penali in questione emerge la sua completa estraneità alle accuse mosse dall’Ufficio di Procura. Già da tempo ho denunziato pubblicamente, in convegni e scritti, la difficoltà nella quale molti di noi difensori tecnici, oltrechè appassionati scrutatori della realtà del fatto e dell’uomo, veniamo a trovarci d fronte ad un certo modo, per così dire riduzionista, di considerare il filtro dell’udienza preliminare. All'esito di due processi nei quali si è proceduto, per così dire, ad un "rinvio a giudizio in massa", desidero qui ed ora, confermare che tale modo di intendere ed interpretare l’udienza preliminare, pur nel pieno rispetto della decisione assunta nella specie dal giudicante - che personalmente stimo - ,non è costituzionalmente orientato, poiché la posizione dell’imputato nell’udienza preliminare, secondo l'insegnamento della Sovrana Corte, merita il medesimo dettagliato scrutinio (sia pure con parametri differenti di valutazione) assicurato all'imputato nel rito abbreviato, il quale, come è noto, obbliga il giudice dell’udienza preliminare a scrivere una sentenza, piuttosto che compliare un decreto. E tali parametri non possono essere pretermessi se non si vuol produrre un inevitabile (e forse inutile) aggravio di lavoro per i giudici del dibattimento (a mio modo di vedere causa principale della lentezza nella trattazione dei processi) ed un supplemento – spesso non breve - di sofferenza (il processo è già una pena..) per l’imputato.”.


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