Mons. Bertolone: "Pino Puglisi, prete di strada"

Domenica 19 Maggio 2019 14:30 di Redazione WebOggi.it
 

 

«Era prete. Scriva appunto che era prete, e che tutto quanto egli fece, lo fece perché era prete».
 
Nelle parole che Alice Weiss usava per descrivere il figlio sacerdote Lorenzo Milani pare di riascoltare l’eco dei tanti giudizi espressi a riguardo di don Pino Puglisi, beatificato il 25 Maggio 2013 perché martire di mafia, ucciso in odium fidei dai sicari della cosca palermitana di Brancaccio poiché ostinatamente prete. «Pino non era eroe, ma prete di strada», ricordava qualche tempo fa suo fratello Francesco, che aggiungeva: «Non chiamatelo prete antimafia. Lui non è mai stato “anti”: è sempre stato “pro”.
A cominciare dai bambini. Insegnava loro a dire “per favore”, “grazie”, “prego”. Parole sconosciute e assurde in un ambiente segnato dalla malavita. Parole di civiltà che hanno fatto paura alla mafia».
Per questo i fratelli Graviano ne decretarono la morte, nel tentativo – fallito - di metterlo a tacere e di eliminare quella scomoda figura di sacerdote che non voleva saperne di rinunciare al Vangelo. Non cercava la vanagloria, rifuggiva gli eccessi e le telecamere, profumava di dignitosa povertà. Basi di una credibilità testimoniata fino al sacrificio supremo, per affermare e ribadire la libertà di scegliere la cultura della civiltà e dell’onestà anche in una terra soggiogata dalla prepotenza mafiosa. «Parliamone, spieghiamoci, vorrei conoscervi e sapere i motivi che vi spingono a ostacolare chi tenta di aiutare ed educare i vostri bambini alla legalità, al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile. Perché non volete che i vostri bambini vengano a me? Ricordate: chi usa la violenza non è un uomo», diceva dall’altare, rivolto ai mafiosi presenti in chiesa, mentre anche in quella maniera costruiva la via dell’amore che in cuor suo ardentemente voleva potesse esser percorsa dai suoi ragazzi.
 
Lo ammazzarono senza neppure avere il coraggio di dichiarargli i motivi della loro avversione. «Questa è una rapina», esclamò il suo killer, Salvatore Grigoli, prima di aprire il fuoco salvo pentirsi in seguito, ripensando al  sorriso che l’uomo mite caduto sotto i suoi colpi gli aveva rivolto al momento dello sparo. “Mafiosi vigliacchi avete ucciso un uomo coraggioso e indifeso”, gridava uno striscione appeso alla cancellata di san Gaetano a Brancaccio nel giorno dei funerali.
Era la fotografia nitida di un’esistenza sfociata nel martirio, ma tutt’altro che chiusa ed archiviata. Era un prete, don Puglisi. E con il suo esempio parla ancor oggi al mondo intero, soprattutto ai presbiteri come don Milani quando scriveva: «Dobbiamo essere quel che dobbiamo essere non per gli occhi del povero, che diversamente ci giudicano e ci disprezzano, ma per gli occhi di Dio che vuole noi all’altezza della nostra vocazione, sia che si sia sul pulpito davanti a diecimila persone che ci guardano, sia che si sia soli di notte nel nostro letto al buio coll’Angelo custode che ci guarda».

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