
Calabria seconda per femminicidi. La cultura del delitto d'onore, ancora prima.
Mercoledì 18 Dicembre 2019 11:44 di Adriana Guzzi
La Calabria è la seconda regione d’Italia per numero di femminicidi.
Questo è quanto è emerso dalrapporto che è stato presentato ieri pomeriggio, nella sala Calipari di palazzo Campanella a Reggio Calabria, grazie al lavoro svolto dalla docente dell'Unical Giovanna Vingelli ed dal rappresentante dell'Istat Domenico Tebala.
Il 31% dei calabresi ritiene accettabile la violenza nella coppia, almeno in alcune circostanze, rispetto alla media italiana del 25%. Solo il 13,8% indirizzerebbe una donna che ha subito violenza ai centri antiviolenza, mentre la media italiana è del 20,4% ed ancora che solo lo 0,3% le suggerirebbe di chiamare il numero verde 1522, a differenza del 2% della media italiana.
Dati, numeri, che dicono che 31 persone su 100 giustifica la violenza all'interno di una coppia. Persone che, culturalmente sono ancora figlie del delitto d'onore, piaga disumana avallata fino alla fine del XX secolo in Italia. Una legge che ci diceva che la pressione sociale dovuta alla vergogna, al disonore e all'onta della reputazione, fosse un'attenuante nel togliere la vita ad un altro essere umano, donna soprattutto. Un sistema di valori che fino a qualche decennio fa anteponeva il diritto all'ira dell'onore macchiato, a quello della vita. Un diritto tolto a una donna, una moglie, figlia, sorella di un uomo "svergognato" fino al 1981 e sopravvissuto nella cultura calabrese fino ad oggi.
Perchè non è arretratezza ammettere la violenza su una donna, non lo è dirle di sopportare o tacere quel devastante tradimento al suo diritto di essere, è cultura. Una cultura oscura e radicata. Una cultura supportata. Supportata proprio da chi quelle vittime le rappresenta. Sono 31 persone più del dovuto quelle che chiudono un occhio sulla violenza di coppia, e per certo non sono tutti uomini.
Ma la vittima è l'altra. La donna è l'altra. La moglie, figlia e sorella, è sempre l'altra.
Come possiamo scendere in piazza a migliaia per combattere la discriminazione e tornare a casa ad allevare la prevaricazione?
Quando, nel lottare per la parità di genere, abbiamo dimenticato che la parità NON è omologazione di genere?
Le nostre battaglia, quelle delle donne, sono frutto di una storia che ci ha posto come esseri umani deboli e inferiori. Ne abbiamo fatto baluardo di una lotta impari, di una corsa ad essere migliori, ad affermare il diritto di essere come gli uomini, dimenticando troppo in fretta che non lo siamo. Grazie e Dio non lo siamo.
Perchè una donna ha il diritto di essere donna, in ogni straordinaria differenza che questo comporta. Ma ne ha anche il dovere. Il dovere altissimo di esserlo.
Una donna ha il privilegio di essere madre e il diritto di non esserlo. Abbiamo lottato per questo.
Una donna ha il dovere di rappresentare le donne.Ha il dovere di sostenerle da sorella, da amica, da figlia. Quanto abbiamo lottato per questo? Quanto siamo lontane da questo anche se sediamo (forse ancora troppo poco) sulle poltrone che contano nel mondo?
A cosa serve uno stipendio adeguato a quello maschile, avere il diritto di votare, divorziare, abortire, senza ottemperare al dovere di essere donna prima di tutto?
Il dovere è impegno, tanto quanto quello che ci mettiamo a inveire contro il "nemico" esterno. Ma è un impegno più profondo di quello che agli uomini, come alle donne vien semplice. Semplice quanto esultare per la legittima difesa contro il ladro e non muoversi quanto il mostro è già dentro casa.
Semplice quanto allarmarsi per un' Italia che diventa razzista, senza sconvolgersi di una Calabria ferma, fermissima al delitto d'onore. E' una Calabria più nera quella di oggi, più nera dell'assenza di opportunità, di una sanità inquinata, e di una politica sfasciata. E' una Calabria che è stufa del degrado ma non abbastanza, non abbastanza di quello morale e civile da estirparlo.
Il dato più preoccupante dice che il 38% degli omicidi che avvengono in Calabria sono omicidi di donne, quindi femminicidi. La classifica della qualità della vita quì fa più rumore che essere secondi in termini di violenza. Perchè mentre si spendono parole a fiume per questa terra, poche sono quelle che rivolgiamo alla nostra responsabilità per il suo malessere.
Abbiamo perso molto di più che i turisti, le rotaie, le fabbriche, i soldi pubblici. Ci è stata presa la cosa più importante per una terra fiera come la nostra: LA DIGNITA'.
E non è quella che si son portati via gli altri depredandola per anni, è quella che stiamo lasciando andare assieme alle vite delle nostre donne, immobili.
Dopo il referendum sul divorzio (1974), dopo la riforma del diritto di famiglia (legge 151/1975), e dopo il referendum sull'aborto, le disposizioni sul delitto d'onore sono state abrogate con la legge n.442 del 10 agosto 1981. Dopo. Uccidere una donna per motivi d'onore è più tollerato che abortire. Usare violenza su una donna, non denunciare, è tollerato da 31 persone su 100. Dopo.
Quanto "DOPO" i nostri figli, calabresi, leggeranno il momento in cui abbiamo detto basta a tutto questo? Quando leggeranno che PRIMA le donne calabresi e poi gli uomini hanno alzato la voce per riavere la dignità di esistere?
Dopo.Per ora, anche domani è un " dopo" troppo lontano. Povera terra mia, cosa ti stiamo facendo. Povere donne nostre, sole al buio, mentre noi siamo impegnate in altre lotte, un pò meno nostre.
Foto: Dal Web.