Ad Armonie d'Arte l'opera del premio Nobel per la letteratura 2019 Peter Handke

Domenica 13 Ottobre 2019 10:29 di Redazione WebOggi.it

La lungimiranza culturale di un Festival, il suo essere pienamente sintonizzato con il clima culturale contemporaneo si misura anche su quelle felici intuizioni artistiche che rendono ancora più pregnante il valore del messaggio che un Festival vuole porgere e che anticipano i più ampi e ufficiali riconoscimenti che vengono tributati a figure di spicco dello scenario culturale mondiale. Accade così che uno degli spettacoli più raffinati, proposti nello straordinario cartellone della stagione 2019 di Armonie d’Arte Festival, dal titolo “Canto, alla Durata”, di e con Alberto Micelotta, sia stato concepito e realizzato su una delle opere più significative del poeta austriaco Peter Handke, insignito pochi giorni fa del premio Nobel per la letteratura. Una fortunata coincidenza, forse, ma quell’omaggio a Peter Handke rivela l’attenzione che gli operatori del Festival rivolgono alle personalità culturali di maggiore rilievo e profondità, cogliendo con acume lo spirito del tempo. Alberto Micelotta, ispirato autore dello spettacolo “Canto, alla Durata”, andato in scena per la prima volta per la sezione “La Nostra Bellezza” di Armonie d’Arte, spiega in un’intervista genesi e significato della sua creatura.

 

Perché hai scelto “Il canto alla durata” di Peter Handke per il tuo spettacolo?

 

Ho incontrato “Il canto alla durata” all’inizio della mia carriera teatrale, 25 anni fa ormai. Fu amore a prima lettura, un amore che si è sviluppato fedele negli anni, nonostante le circostanze non mi avessero mai portato a realizzare il sogno di una messa in scena. E poi, forse, più che le circostanze, a mancarmi era stata l'intuizione per un adattamento teatrale dell’opera che non fosse didascalico. Quando lo scorso anno, rileggendo il Canto, ho intuito il senso del messaggio epico, etico e quotidiano contenuto nel testo e come questo messaggio si manifestasse nella vita di tutti i giorni, il passaggio è stato facile e, a detta del pubblico, anche significativo e artisticamente soddisfacente.

 

 

Cosa ti ha ispirato del testo poetico?

 

La Durata è, secondo Handke, luogo e sentimento allo stesso tempo. Luogo perché mette in relazione le esperienze di una vita attraverso manifestazioni materiali di sensazioni, emozioni, esperienze e ricordi; sentimento perché attraverso questi luoghi costruisce una percezione del sé in grado di raccontarsi e di raccontare. Da qui la scelta di due elementi fondamentali per la realizzazione dello spettacolo: l’improvvisazione multidisciplinare e la scenografia. Montale ci dice “codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” e allora il racconto scenico si sviluppa attraverso l’assenza dei sensi. Musica, danza, action poetry, canto generano quadri improvvisatori legati all’assenza della vista, del gusto, del tatto, dell’udito, dell’olfatto e pure della parola come espressione del senso del comunicare. L’emozione ottunde i sensi, la Durata costruisce il sentimento che li rende materiale relazionale.

 

Secondo quali criteri estetici ha costruito la regia dello spettacolo?

 

L’impianto scenografico sta a rappresentare il luogo della relazione: una rete intrecciata a mano di oltre 1500 metri di filo che simboleggia le infinite possibilità d’incontro e l’interdipendenza di ogni singolo “luogo/istante” di intersezione. Una rete che, illuminata in un modo, appare come una nebbia che offusca le immagini di ciò che ci sta alle spalle e che, invece, mano a mano che l’incontro con la Durata avviene, chiarisce e contiene, forse anche trattiene, gli oggetti (materiali e non) che ci rappresentano e attraverso i quali ci rappresentiamo. Perché poi, come dice lo stesso Handke “il sentimento della Durata induce alla poesia”.

 

 

Una proposta pienamente sposata dalla direzione artistica di Armonie d’Arte..

 

Sì, assolutamente. Ne ho parlato con la direttrice artistica Chiara Giordano, che ha subito colto il senso di un’operazione di ricerca, autentica e persino sotto certi aspetti sperimentale, comunque oltre i confini delle performance più consuete, dunque in linea con l’anima più profonda del Festival che guarda al mondo sempre con occhio curioso e attento ai profili contemporanei di maggior interesse e valore; lasciandomi così mano libera, e se oggi il Nobel sancisce e celebra Handke, vuol dire che si era visto giusto e lontano e ciò non può che essere un valore aggiunto.

 

 

 


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