La lettera. "Bisogna programmare il ritorno alla normalità pensando a un'altra Europa"

Martedì 07 Aprile 2020 12:33 di Redazione WebOggi.it

Uno strascico di ingenti danni economici e sociali oltre che una serie di misure personali e collettive da adottare per permettere la sopravvivenza e la ripartenza delle tante attività imprenditoriali in difficoltà, specie quelle legate al movimento delle persone, il turismo e le attività connesse. 

Quali i compiti della Regione e di ognuno di noi, quale lo spirito comunitario da adottare in vista di una graduale programmazione del ritorno alla normalità. Ne parlano quattro illustri professionisti firmatari di una lettera aperta ai calabresi. Si tratta del dott. Raffaele Mancini (Soverato), del prof. Franco Mastroianni (Lamezia Terme), la dott.ssa Lorella Celia (Catanzaro) e l'avv. Giuseppe Talarico

«L’emergenza coronavirus ha messo a nudo l’incapacità di reazione in tempi utili da parte del nostro governo». È quanto scrivono i quattro professionisti nella lettera pervenuta alla nostra Redazione «Sono stati ignorati avvisi che avrebbero dovuto far temere il peggio poi puntualmente arrivato; non ci si è preoccupati di fare scorta di Dpi, soprattutto di quei presidi che la Cina, abituale fornitore principale, già investita dall’epidemia non avrebbe potuto fornire; non si è esercitata la dovuta sorveglianza epidemiologica e non è stato aggiornato il piano pandemico nazionale (fermo a 10 anni fa, ai tempi della influenza suina)».

«Anche molte Regioni – proseguono i firmatari – sono state colte impreparate e hanno effettuato scelte sbagliate, rinunciando a effettuare i tamponi sugli asintomatici, soprattutto sugli operatori sanitari, e non consigliando subito l’uso delle mascherine. Nefaste nel fare intraprendere queste scelte sono state le dichiarazioni di alcuni luminari e politici che assimilavano la infezione da Covid-19 all’influenza!».

«Da noi in Calabria – commentano –, per fortuna, il virus è arrivato in ritardo, portato da Calabresi in fuga dal nord; questo ci ha dato il tempo di isolarci e bene ha fatto la Regione Calabria ad adottare le ordinanze per imporre il distanziamento sociale, ma nemmeno noi abbiamo fatto abbastanza tesoro delle esperienze degli altri. Non ci è stato di insegnamento il fatto che ospedali, come quello di Codogno, e case di riposo, come quella di Madiglia, si erano già rivelati quali luoghi di contagio ideali per il Covid 19. Proprio per evitare il contagio in ospedale, come avvenuto nel reparto dialisi di Catanzaro, e la tragedia delle case di cura di Chiaravalle, Bocchigliero e Melito Porto Salvo si sarebbero dovuti fare subito i tamponi al personale delle strutture sanitarie».

«Ora bisogna comunque andare avanti – sollecitano i firmatari – con determinazione e scientificità e continuare la nostra battaglia contro il coronavirus, sicuramente facendo tamponi di massa, ma non solo. Bisognerà infatti iniziare a programmare in modo graduato il ritorno alla normalità ed è giusto che questo passo lo compiano per primi e con più serenità i soggetti che presentano un risposta anticorpale al virus, evidenziabile con i vari test rapidi già in commercio o che stanno per entrare in commercio. La Regione, che sembra voler imboccare questa strada, dovrà quindi impegnarsi a trovare il modo di eseguire il test rapido a tutti i soggetti che riapriranno al pubblico attività oggi sospese per le regole di distanziamento sociale».

«Altro compito importante della Regione – sottolineano – sarà quello di reperire mascherine per tutta la popolazione perché se tutti continueremo ad utilizzare per qualche mese la mascherina il rischio del contagio sarà ridotto veramente al minimo. Queste due semplici misure insieme a quella di mantenere almeno 1 metro di distanza da interlocutori o persone comunque vicine dovranno essere adottate e rigidamente osservate nella fase 2 per evitare focolai epidemici di ritorno. Esse, per rivelarsi, efficaci dovranno essere adottate con tempistica appropriata perché il ritardo nell’applicazione, così come avvenuto a livello nazionale nella fase 1, inficia il risultato che si vuole ottenere».

«Il ritorno alla normalità – pronosticano – sarà un percorso lungo e irto di difficoltà, perché alla fine dell’emergenza sanitaria non corrisponderà la fine dell’emergenza economica e sociale che apparirà invece nella sua drammaticità.  Alla fine della pandemia il mondo  non sarà più lo stesso: l’ottimismo dei fautori della globalizzazione selvaggia  è  già  stato messo in crisi;  i confini sono tornati ad essere una necessità; gli equilibri politici e il sistema delle alleanze mostrano crepe; l’Unione Europea si è  mostrata per quello che realmente è: un’artificiosa costruzione economico-finanziaria che non tiene conto dei popoli; molte aziende, anche strategiche, avranno cambiato  proprietà grazie alla speculazione in borsa; l’Italia e qualche altro paese  potrebbero trovarsi stritolati nella morsa del Mes».

«È quindi indispensabile – ribadiscono – pensare fin da ora alle misure per permettere la sopravvivenza e la ripartenza delle tante attività imprenditoriali che rischiano di non riaprire più, soprattutto quelle legate al movimento delle popolazioni, come il turismo e quelle ad esso connesse. Tutto dovrà quindi gradualmente ripartire. Per l’aspetto sanitario ci riusciremo se rispetteremo le norme che impediscono il contagio, senza che il distanziamento sociale dia origine a un pericoloso fenomeno di ipocondria di massa, nella consapevolezza che proprio il rispetto ci tutela dal contagio».

«Per l’aspetto economico e sociale – dicono – ci riusciremo se la classe politica e quella imprenditoriale avranno capito quello che è successo e quello che sta succedendo, se sapranno attivare strumenti nuovi, se sapranno mobilitare quelle virtù che per secoli hanno fatto la fortuna e la grandezza dell’Italia: la fantasia, la capacità di innovazione e di creare bellezza, ma per farlo ci vorranno risorse finanziarie che non potranno essere quelle delle attuali istituzioni dominate dalla usurocrazia.

Bisogna fin da ora pensare a un’altra Europa; un’Europa che riscopra la sua cultura millenaria e lo spirito comunitario per costruire il futuro».


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