Siamo tutti terroni

Mercoledì 16 Gennaio 2019 15:05 di Isabella Pesce

 

 

Qualche giorno fa un articolo su Libero evidenziava come tra le più alte cariche dello stato la maggioranza provenga dal Sud dell’Italia, che detto così per qualcuno avrebbe potuto essere anche un piccolo orgoglio.

 

Il problema è nato quando il buon Feltri ha detto al titolista: spariamola grossa, insultiamoli, chiamiamoli terroni. Al netto degli strilli acchiappa like, c’è chi si è sentito offeso, ma non per la parola in sé.

 

Caro Feltri, forse le sfugge che nel 2019 non è un insulto essere chiamati terroni. Sì, per un po’ ce la siamo presa anche noi, non capivamo come una terra abitata da secoli di storia e cultura, dovesse essere associata in maniera riduttiva solamente al lavoro agricolo. Non abbiamo capito a lungo come le colpe di chi chi ha amministrato potessero ricadere sulla reputazione di milioni di persone.

 

Ci siamo arrabbiati, abbiamo rivendicato le origini della nazione, il nome Italia nato proprio a Catanzaro dai Vituli. Ma in maniera così poco convinta che una storia del genere in altri paesi sarebbe stato vanto (e introito comunale) nei secoli dei secoli, qui il misero cartello all’entrata della città a ricordarcelo è abbandonato all’incuria. Forse in questo abbiamo peccato, nel credere a chi ci diceva che non avevamo nulla da offrire, nel credere sempre che qualcuno da fuori dovesse arrivare a salvarci.

 

Poi ci abbiamo preso gusto, ci siamo guardati intorno, abbiamo viaggiato, studiato… e notato che le capacità e il talento non hanno connotazione geografica. La parola “terroni” ormai la sentiamo nostra, ci fa sorridere, ci ha aiutato a fare squadra, che non è campanilismo (quello abbondava anche prima) ma unione di intenti e percorso condiviso.

 

Abbiamo capito che le differenze sono peculiarità da valorizzare, che gli ostacoli ci hanno resi più caparbi, che le difficoltà in cui cresciamo ci danno la forza di farci spazio nel mondo, che poi è la riflessione di qualsiasi adulto consapevole, indipendente dalla sua provenienza.

 

Sa cos’è un insulto? Generalizzare. Dire “i terroni comandano” come se le sorti dell’Italia siano responsabilità esclusiva di una vaga entità sudista (e per questo) incompetente, proprio in questo momento storico e con questo governo.

 

L’insulto è lasciare intendere: “voi dalle retrovie, che contavate meno di niente fino a 40 anni fa, siete incredibilmente passati in prima fila, ora fateci vedere che sapete fare”, che avrebbe potuto essere un centratissimo sottotitolo, se non fosse che l’Italia è una e che alla situazione attuale abbiamo contribuito tutti.

 

Sarei una folle a generalizzare, a dire quanto siamo belli buoni bravi, accoglienti e amichevoli al sud, tra i miei compaesani ci sono inetti e incapaci, ci sono lestofanti e criminali, e poi c’è la maggioranza, fatta di gente normale che cerca di evolversi e di costruire un mondo più civile. Sì, proprio come avviene ovunque.

 

“In una situazione in cui l’Europa ci comprime da un lato e l’Africa ci spinge dall’altro” come dice la giornalista di Libero, bisognerebbe solo evitare di dare la caccia a nemici immaginari, non sono quei fantasmi che ci impediscono di stare più comodi.

 

Erano i terroni prima, poi gli albanesi, poi di nuovo i terroni, e ora lo straniero. Ma siamo tutti stranieri fuori da casa nostra, siamo tutti terroni se ci fidiamo di chi vuole farci sentire inadeguati.

 

 


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