Nuovo ospedale di Vibo, sequestro convalidato: otto indagati

Domenica 19 Maggio 2019 10:30 di Redazione WebOggi.it

Sequestro dell'area interessata dai lavori delle opere complementari del nuovo ospedale convalidato da parte del gip del Tribunale di Vibo Valentia, Giulio De Gregorio. In particolare, la Guardia di Finanza ha accertato la presenza di numerosi materiali di risulta, abbandonati su una vasta area. Al termine del controllo, le fiamme gialle hanno, inoltre, constatato che la suddetta area risultava ricompresa in una zona sottoposta a protezione archeologica, ai sensi del D.M. 19/10/1977 del Ministro per i Beni Culturali, in relazione alla quale la società esecutrice, la Regione Calabria e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Reggio Calabria e la Provincia di Vibo Valentia non sono state in grado di esibire le previste autorizzazioninecessarie all’effettuazione di lavori in loco. Per tale motivo, i finanzieri, per evitare che i reati venissero portati ad ulteriori conseguenze, hanno proceduto al sequestro preventivo dell’area del cantiere di circa diecimila metri quadri e dei rifiuti rinvenuti al suo interno. Otto le persone iscritte nel registro degli indagati per questa vicenda: Domenico Pallaria (60 anni di Curinga), direttore del Dipartimento Lavori pubblici della Regione e Rup per la realizzazione dell’opera; Giuseppe Profiti (52 anni, di Triparni); Alessandro Andreacchi (56 anni di Lamezia Terme); Anna Maria Guiducci (66 anni di Siena) e Fabrizio Sudano (44 anni di Augusta – Siracusa) rispettivamente soprintendente protempore e responsabile del procedimento della Soprintendenza di Reggio e Vibo; Giacomo Procopio (62 anni di Catanzaro), rappresentante della società “Costruzioni Procopio srl; Alessandro Frijo (45 anni di Catanzaro), direttore tecnico e di cantiere della “Costruzione Procopio” e Vitaliano Procopio (48 anni di Catanzaro )capo cantiere dell’omonima società mandante del raggruppamento temporaneo di imprese che si è aggiudicato l’appalto. Tra i vari reati contestati: abuso d’ufficio e danneggiamento del patrimonio archeologico.


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